Dopo il successo delle prime proiezioni a New York e a Trieste, la docufiction “Irregular”, ideata da Fátima Lazarte e Fabrizio Catalano, approda a Roma nella cornice del prestigioso festival TEHR (thematic exhibition on human rights), diretto dalla famosa attrice Isabel Russinova. Il filo conduttore di questa serie di eventi culturali che sta accompagnando il pubblico della capitale italiana in queste settimane a cavallo tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 è “la Terra vittima della guerra: in questo contesto, il film prodotto dall’associazione Ch’aska assume un ruolo eminentemente importante, dato che, preconizzando il ritorno a un sistema sociale pacifico e matriarcale, propone un’alternativa tanto poetica quanto concreta.
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Con il suo florilegio di paesaggi e di climi, con i suoi altopiani dove la luce si sfilaccia e si purifica, le sue lagune multicolori e le sue enigmatiche vestigia di civiltà perdute, con le sue smeraldine foreste e le sue vaste, aride distese, col suo miscuglio di architettura coloniale e svettanti e sgargianti grattacieli, con i visi aguzzi dei suoi abitanti e i loro mormorii musicalmente masticati, con i suoi sogni rivoluzionari e i suoi perpetui richiami a millenarie tradizioni, con il suo stesso nome, se c’è una terra capace di infiammare l’immaginazione collettiva, quella è la Bolivia. Uno Stato plurinazionale che rappresenta, nel panorama geopolitico mondiale, un esperimento unico e senza precedenti: poiché cerca, attraverso la mitizzazione di un passato dalle regole diverse, di individuare un nuovo modello sociale. Fra le principali manifestazioni di questo passato, una ritrovata libertà della donna, fiera del proprio ruolo magico: e non è un caso se, al centro di La Paz, esiste, da secoli, un mercato delle streghe. Streghe che nulla hanno di pauroso o di terribile, ma che – semplicemente, naturalmente –, citando la scrittrice Yolanda Bedregal, pur rimanendo ancorate alla terra non hanno perso la capacità di scrutare le stelle.
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La pellicola, che trae anima e forza dalle musiche e dal montaggio di Fabio Lombardi, dagli effetti digitali di Mariano Equizzi e Yhomara Muñoz Diaz, della correzione del colore di Fabrizio Profeta, dai costumi di Cristina Mercedes Sirpa e le creazioni artistiche di Patricio Chamorro, sarà proiettata il 13 gennaio alle 18:30 presso lo Spazio Off di Piazza San Cosimato, a nello storico quartiere di Trastevere.
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La Bolivia, col suo universo femminile, rappresenta un cortocircuito che è tempo di esaminare con attenzione. Tanto più che cortocircuito sarà una delle parole chiave per comprendere il decennio appena cominciato. Saremmo obbligati a reagire, a gestire e addirittura provocare parecchi cortocircuiti, per cambiare giustamente dei modelli economici e sociali che oggi non garantiscono né i diritti dei cittadini né la salvaguardia del pianeta. Allora, perché non volgere lo sguardo verso questa parte del pianeta, l’America Latina, che ci appare talvolta così lontana, ma che potrebbe invece rivelarsi inaudita sorgente d’ispirazione e di idee? Perché non scoprire questo brillante, misconosciuto, leggendario cortocircuito culturale chiamato Bolivia? E perché non partire proprio dalla donna, dalla sua memoria, dal suo riconquistato avvenire?
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Tanto, troppo, negli ultimi secoli è stato menzogna: e una nuova Venere dalla pelle olivastra, dal profilo spigoloso, con un corpo intriso di vitalità e modellato da una sofferenza insepolta, sta per nascere nel grande deserto di sale. Una dea – e una creatura d’ogni giorno – che, in un susseguirsi di visioni e di scene rubate, di richiami alle arti figurative e alla letteratura, di interviste e di riti, di allucinazioni, metafore, simboli e tangibili verità, ci condurrà in un viaggio favoloso, ipnotico, psichedelico e tuttavia estremamente concreto, alla ricerca nella nostra più autentica e celata essenza. La tremula fiamma di una candela, l’epidermide bruciata che emerge dalla sabbia e nella sabbia si mimetizza, il fremente sussurro del vento cancelleranno l’illusorio e opprimente confine fra carne e spirito. L’illusoria frontiera tra le arti: cinema, danza, musica, pittura, magia si fonderanno per provare a forgiare l’immaginario del futuro. Un immaginario infine declinato al femminile, dove realtà e fantasia coesistono e s’intersecano. Dove, come nelle antiche grotte dei nostri antenati, o nel bagliore abbacinante del destino, l’umanità potrà di nuovo aspirare e sperare. In un nuovo mondo pacifico, non più dominato dall’ansia del profitto.
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In fondo, irregolare è una parola senza genere, che esprime forse il più grande bisogno contemporaneo: sfuggire all’omologazione, coltivare l’eresia e l’indipendenza, credere che un soprassalto d’orgoglio e di libertà sia ancora possibile.
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